FONTANA ELISABETTA


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Fabio Bianchi

Recensione


L'Arte Povera a fine anni '60 stravolse il contesto artistico e culturale soprattutto italiano lanciando messaggi estremamente innovativi e lasciando un'eredità, a tutt'oggi, pesante. Innescò non contestazione o rottura radicali ma arrecò tuttavia forte impatto psicologico e visivo con significativi agganci a Process Art e soprattutto a Conceptual Art. Dopo l'exploit, l'Arte Povera nel nostro paese fu lentamente assimilata al sistema mantenendo però sempre un'aura particolare e molti artisti ancora oggi riflettono quelle geniali intuizioni, risentono di quella stupenda rievocazione fisica, di quell'ineffabile spiritualizzazione della materia. Come Elisabetta Fontana (1965), da anni impegnata in una sottile dialettica sia con i continuatori dell'Arte Povera sia nell'ideale confronto con l'altissimo magistero di Alberto Burri che dell'Arte povera fu il silenzioso e talvolta disconosciuto iniziatore. Ma Fontana, indirettamente, non disdegna un dialogo con il glorioso retaggio dell'Arte informale in un dinamismo creativo e comunicativo che le permette di rileggere la realtà trasversalmente fra artificio, storia e natura. Parmigiana, autodidatta, ha sempre coltivato la passione per l'arte ma solo tra 2005 e 2006 ha intensificato gli sforzi, esplicitamente richiesto impegnativi riscontri con media e grande pubblico allestendo personali e partecipando a collettive anche fuori dalla natia Parma perché, nel percorso di un artista, fondamentale è rapportarsi ad interlocutori profani, curiosi od iper-critici. Le sempre più raffinate composizioni di Fontana - tutte tecnica mista, ibridazioni stilistiche e formali su tela o su sacco - generano istintiva traslocazione mentale, stimolano eterni ritorni nel ciclo della vita e nella sinfonia delle stagioni perché concentrano, in modo subliminale ma potente, echi dei citati movimenti e di altre stimolanti tendenze, dall'Arte neoconcreta al Minimalismo. Nell'apparente umiltà proprio la materia semilavorata o del tutto grezza diventa per Fontana depositaria di testimonianze del passato, racchiude un vissuto esistenziale spesso drammatico - per gli accentuati contrasti che l'artista cerca nell'accostamento cromatico, nella complessità dei soggetti, nel procedere ondivago ma in fondo sicuro - anche perché muto, non può dire niente, può solo sopportare, trasmettere, magari accennare ai futuri inviluppi dell'arte contemporanea. La materia diventa allora memoria e per suo tramite Fontana coglie un hic ed nunc convincente, severo, talora romantico (L'abbraccio) anche se è problematico catturare un'essenza perché - memore di Wittgenstein - ogni esperienza è relativa, circoscritta, vive nel baluginare dell'istante. Ma, grazie al tocco magico dell'arte ed all'indubbia pratica raggiunta dopo oltre due decenni di attività, nelle ultime e felicissime composizioni Fontana raggiunge un valore assoluto, epico, per alcuni aspetti trascendentale: è una presa di coscienza di sé e del proprio essere (Percezione profonda) ma anche del variegato mondo che ci circonda limitatamente però sempre ad un 'attimo fuggente' di straordinaria tensione emotiva (Raggio di sole). Fontana, come tanti altri artisti italiani, all'inizio del terzo millennio si trova ad un bivio: come già negli anni '50 molti artisti disorientati e delusi dalla società post-bellica, pur rifiutando Impressionismo e Post-Impressionismo, ne ripresero però efficacemente materia, colori ed atmosfera e li impastarono per creare - fra Astrazione ed Informale - un nuovo ordine mentale e culturale. Oggi gli artisti o ripropongono immobilmente stanchi epigoni ritornando a tematiche più o meno tradizionali o come Fontana proseguono sulla via della ricerca e della sperimentazione: i materiali utilizzati dimostrano, nella fissità inalterabile di concrezioni magari annose, la necessità di mimetizzarsi con il contesto naturale e confondersi con l'ambiente (Terra senza tempo) allargando al massimo la soglia percettiva per instaurare un nuovo - per alcuni aspetti ancora misterioso perché sconosciuto - rapporto con le cose, con inconscio personale ed immaginario collettivo (Fantasmi del passato). Nelle sue opere l'estraniazione è solo apparente, l'alienazione controllata, la solitudine dimenticata e tutto, attentamente dosato, diventa corposo vitalismo, insondabile misticismo anche perché Fontana sceglie il vissuto e non il rappresentato, l'istintivo e non il razionale, tralascia tutto ciò che è teorico per privilegiare il dato sensibile (Segreto sacco). Le sue opere, rifuggendo classificazioni stilistiche e tematiche, sono ricche di riferimenti e spunti, non si limitano ad occupare bidimensionalità della tela o riempire finitezza del supporto ma hanno un'estensione ulteriore, ambiscono alla tridimensionalità che viene però trattenuta, quasi abortita. Ma sono indicazioni utili perché già ora implicano rimandi umanistici e letterari e viste in sequenza sono come un libro, un grande libro della vita, del lento ed inesorabile trascorrere del tempo. E raccontano storie e creano scenari futuribili dove l'interesse è polarizzato su organicità ed espressività della materia stesa, arricciata o aggrappata alla tela secondo scansioni ben costruite nello spazio-tempo per acuire contingenza e transitorietà. Così facendo Fontana mette abilmente in discussione molti luoghi comuni anche della grande storia dell'arte invitandoci a rivedere atteggiamenti e convinzioni dell'attuale, discutibile, mercato. Le sue opere ripercorrono allora l'utopia abbozzata negli anni '50, consacrata negli anni '60 e lentamente afflosciatasi negli anni '70 e - vigorosamente sospese tra New Dada, Nouveau Realisme e Work in progress - ribadiscono l'urgenza di individuare nuove fonti di ispirazione in vista di un rinnovamento totale tipico dell'odierna New Age.
Fontana tenta dunque in ultima istanza di riconciliare l'inclinazione borghese per il bello, l'eleganza e talora l'eccentrico con una dimensione popolare ed una declinazione artigianale fortemente sentite anche per infrangere i tabù dell'Avanguardia, ricostituire la forza della pittura ponendosi come viatico e speranza contro declino ed invecchiamento della civiltà.


Giugno 2008
Fabio Bianchi
(Critico d'Arte)


INTIMA-MENTE


La pittrice parmigiana Elisabetta Fontana da anni coltiva il suo sogno, indefessamente e testardamente, sempre con grande rigore, lontano da qualsiasi luccicante sirena di una contemporaneità sempre più ambigua quando non dichiaratamente fasulla. L'arte per Fontana non è un reality televisivo ma una summa dell'esperienza quotidiana, un concentrato unico e perciò tanto più sincero di emozioni e stati d'animo come testimonia l'ultima sua produzione, Intima-mente, interessanti composizioni a carattere informale pazientemente eseguite con tecniche miste. Fontana in questa fase della sua carriera ondeggia ma sempre con grande sensibilità tra Informale ed Arte Povera, due movimenti epocali rispettivamente nell'Europa degli anni '50 e '60 e nell'Italia degli anni '60 e '70 e che lasciarono impronte indelebili nel dibattito e nella pratica successivi. Di entrambi Fontana recepisce i postulati ultimi, da un lato il romantico senso di abbandono e di rifiuto verso una società sempre più opulenta e tecnocratica tipico dell'Informale, dall'altro l'utilizzo di materiali particolari - terra, sabbie, resine … - propri dell'Arte povera ma sapientemente ricondotti in ambito Informale, alla levigatezza di olio ed acrilico su tela. E proprio qui sta un primo punto di originalità di Fontana: intuito che l'Informale non è mai stato un movimento codificato ma piuttosto una diffusa mentalità pseudoartistica, un substrato linguistico e culturale emerso in varie parti non solo del vecchio continente per esprimere un senso di disagio, Fontana ha trasposto tutto quel carico di sensazioni verso l'Arte Povera, tendenza italiana in toto, anzi a tutt'oggi l'unica originale del panorama artistico europeo del Novecento dopo l'irraggiungibile Futurismo. L'Arte Povera ha coltivato molto in Italia negli anni '60, forse troppo, raccolto poco però nei decenni successivi sempre in Italia spesso per colpa di letture critiche alquanto limitative ma in prospettiva ha lasciato tanto al punto che molti artisti ancora oggi non disdegnano di confrontarsi con quelle luminose intuizioni. Nelle opere recenti di Fontana raccolte in Intima-mente - di certo non il punto di arrivo nell'ormai ultraventennale carriera ma più che altro di approfondimento in vista di successive elaborazioni - colpisce quel mix di sincronia e diacronia, di attualità e storia, di semplificazione formale ma anche di aggregazione visiva. Fontana riflette pensieri ed aspirazioni sedimentate da tempo e che trovano traduzione in opere in cui la realizzazione si fonde con la ricerca di segni ma anche di vaste campiture cromatiche che intendono rappresentare la metafisica del quotidiano evidente in Io e te in coppia. Le opere risentono in trasparenza di una natura letteraria che in alcuni passaggi le proietta in un universo superiore o perlomeno le avvicina ad un respiro non mitico ma quasi per cui è necessario un tempo lungo di analisi e decifrazione come ne I giardini sospesi nell'anima. Ma sono anche qualcosa di mobile, di immanente che si trasforma incessantemente attraverso la materia condizionando così la memoria per restituirci identità segrete all'apparenza magari dimenticate come in Sulle tracce dei ricordi. Il gesto creativo stravolge riconoscibilità e realismo optando per una fabulazione non fantastica ma comunque in bilico tra astrazione e figurazione (Terra rossa, terra nera). Alcune composizioni di Fontana si presentano come uno spaccato estremamente attuale di contraddizioni sociali talora laceranti ma anche come un suggestivo viaggio nei recessi dell'anima alla ricerca di un'altra dimensione non solo della nostra vita ma anche del nostro sistema culturale (Attesa). Alla chiarezza didattica sostituisce un vivace magma cromatico (Terra), all'evidenza razionale subentra l'allusione, al metodo collaudato un antimetodo e fino dove possibile un'antimateria (Assenza) e tutto ciò per dimostrare come l'arte ancora oggi - nonostante precisione tecnologica ed esasperazione informatica - sia approccio non omologato, anticonvenzionale grazie anche all'utilizzo di materiale artigianale, popolare e talora decorativo in grado tra l'altro di aderire - non perfettamente ma quasi - ad una visione post-moderna richiesta da più parti. L'approccio di Fontana inoltre contiene, latenti, anche alcuni caratteri propri di quell'arte femminista molto vivace soprattutto negli anni '70 senza tuttavia nessuna vistosa provocazione anzi sottolineandone pacatamente il risvolto emotivo nell'esaltazione, sottile ed elegante, di una sentita partecipazione estetica (Intima-mente). Difficile oggi per qualunque artista riprendere certi automatismi psichici caratteristici della ecriture automatique quando, memori del Surrealismo, molti artisti trasferirono sulla tela impulsi e sensazioni istintive guidati solo dal rigore dell'intuito e dalla concentrazione creativa. Ma le opere di Fontana non sono soggetti sfuggiti alla coscienza o sfogo passionale, tutt'altro: diventano nuova frontiera espressiva e per alcuni aspetti conoscitiva valida sia nell'ambito del soggetto che nell'estensione oggettiva.


Novembre 2008
Fabio Bianchi
(critico d'arte)




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